ARTEROPATIA OSTRUTTIVA ARTI INFERIORI

  

CHE COS’E’ L’ARTERIOPATIA OSTRUTTIVA CRONICA DEGLI ARTI INFERIORI

 

Gentile paziente, Le è stato proposto un intervento chirurgico di rivascolarizzazione agli arti inferiori per una arteriopatia ostruttiva cronica o AOCP.

L’arteriopatia obliterante è caratterizzata dal progressivo restringimento delle arterie fino all’ostruzione completa delle stesse. I distretti maggiormente interessati sono: il distretto femoro-popliteo e aorto-iliaco; ne è colpito circa il 20% della popolazione generale dai 65 ai 74 anni ed è più frequentemente colpito il sesso maschile. La causa più frequente è rappresentata dall’aterosclerosi.

Negli stadi iniziali la malattia limita la deambulazione, causando durante a marcia dolori crampiformi, a sede diversa a seconda del tratto arterioso interessato (claudicatio intermittens). Successivamente, se la malattia progredisce, i dolori compaiono a riposo (specie la notte) fino alla comparsa di lesioni trofiche (che vanno dalle piccole lesioni digitali fino a quadri di gangrena), quindi può progredire fino a comportare la perdita di funzionalità dell’arto/i interessato/i dalla malattia. L’evoluzione della malattia con il supporto della terapia medica e comportamentale del paziente può essere arrestata agli stadi precoci, addirittura la sintomatologia dolorosa durante la deambulazione può migliorare non solo con l’ausilio dei suddetti presidi, ma anche e soprattutto con l’intensa e quotidiana deambulazione. Talvolta, nonostante tutti questi accorgimenti l’evoluzione della malattia può essere bruscamente accelerata da fenomeni acuti intercorrenti, quali la trombosi (occlusione) dell’arteria malata o l’embolia (coaguli che si possono distaccare da placche irregolari o da aneurismi periferici e/o dell’aorta che occludono vasi più piccoli). In entrambi i casi il brusco arresto di flusso sanguigno a valle dell’ostruzione impone un intervento d’urgenza chirurgico/medico (con farmaci che sciolgono il trombo/embolo) al fine di tentare di salvare l’arto/i colpito/i.
Le strategie terapeutiche che si possono effettuare variano a seconda della clinica del paziente (sintomatologia, età, stato e funzionalità di tutti gli organi ed apparati, con particolare attenzione a quelli renale, cardiaco, cerebrale e respiratorio) e del distretto/i arterioso/i ammalati. Pertanto la decisione se trattare o meno una arteriopatia ostruttiva degli arti inferiori avviene dopo la valutazione delle caratteristiche dell’arteriopatia stessa e dopo avere eseguito tutte le indagini necessarie a valutare lo stato di salute generale del paziente.

COME SI ESEGUE L’INTERVENTO CHIRURGICO

 

Attualmente le possibilità di trattamento dell’arteriopatia ostruttiva degli arti inferiori, oltre a quello farmacologico, sono rappresentate dal trattamento chirurgico e da quello endovascolare. Nel suo caso, sulla base della sede e del tipo di lesione, abbiamo optato per un trattamento di tipo chirurgico; l’intervento consiste, attraverso l’incisione chirurgica della cute in regioni anatomiche diverse a seconda della localizzazione dell’arteriopatia, nel ripulire il/i tratto/i di arteria malati (tromboendoarterectomia) o nel  sostituire (by-pass) i tratti di arteria malati con una protesi sintetica compatibile con i tessuti umani o con un tratto di vena del paziente.
L’intervento può essere eseguito in anestesia generale o in anestesia spinale a seconda della sede delle lesioni ed in base alle caratteristiche cliniche del paziente.
Dopo l’intervento, anche in assenza di complicanze, Lei potrà essere ricoverato per un breve periodo in Terapia Intensiva per il monitoraggio delle principali funzioni vitali ed è possibile che siano necessarie trasfusioni per compensare le perdite ematiche intraoperatorie.

 

RISCHI

 

Anche se eseguito nel pieno rispetto e conoscenza delle strategie e tecniche chirurgiche più attuali e standardizzate, l’intervento chirurgico può comportare molteplici complicanze, distinguibili in precoci (intra- e postoperatorie) e tardive (cioè verificarsi a distanza di tempo dall’intervento).
 
Le complicanze immediate comprendono:

 
  • Morte, la cui incidenza si è attualmente ridotta al di sotto del 5%, ma che aumenta proporzionalmente con l’aumentare dei fattori di rischio.
  • Emorragia durante l’intervento o subito dopo, circostanza che può essere più o meno grave, comportando talvolta la necessità di emotrasfusione (con i rischi infettivi connessi) o di reintervento. Nei casi di emorragia grave immediata o nel precoce decorso post-operatorio, le ripetute trasfusioni possono determinare danni polmonari e/o renali talora irreversibili.
  • Shock da declampaggio aortico (nella chirurgia aortica), talora spiccato tale da provocare la morte.
  • Paraplegia (paralisi degli arti inferiori) per la presenza di arterie midollari con anomalie anatomiche di origine e decorso (nella chirurgia aortica).
  • Complicanze gastrointestinali (nella chirurgica aorto-iliaca) rappresentate dall’ileo (blocco intestinale) ostruttivo o dinamico, dalla colite ischemica o  dall’infarto intestinale per la quale può rendersi necessaria una resezione di un tratto più o meno esteso di intestino e/o la esecuzione di colostomia (ano artificiale) talvolta definitiva, e dalla pancreatite. Tali complicanze possono essere suscettibili di terapia medica o chirurgica.
  • Lesione accidentale nella chirurgia aorto-iliaca di organi e apparati (intestino, milza, reni, ureteri) che possono rendere necessari interventi associati di riparazione.
  • Embolia o trombosi dell’albero arterioso periferico o della protesi. Tale complicanza può determinare nella chirurgia addominale quadri che vanno dall’ischemia viscerale all’ischemia di uno o entrambi gli arti inferiori. Tali evenienze richiedono interventi aggiuntivi finalizzati al tentativo di ripristinare la circolazione nei distretti ischemici. Nei casi più gravi, soprattutto se le condizioni arteriose di partenza sono compromesse,  non sempre un reintervento può essere efficace con conseguente rischio di amputazione d’arto.
  • Disturbi della funzione sessuale quali l’eiaculazione retrograda o l’impotenza erettile (nella chirurgica aorto-iliaca). Tale disturbo può essere permanente.
  • Deiscenze, sepsi e raccolte ematiche o linfatiche in sede di ferite chirurgiche che non sempre regrediscono con adeguato trattamento medico e/o chirurgico.
  • Insufficienza renale acuta (incidenza intorno al 1-2%) che può comportare la necessità di una dialisi transitoria o permanente.
  • Complicanze respiratorie (atelettasia, polmonite, versamento pleurico) che possono richiedere una tracheostomia.
  • Improvvisi ed imprevedibili aritmie o arresti cardiocircolatori talora tali da provocare la morte del paziente.
  • Angina o infarto miocardico che possono essere anche mortali.
  • Trombosi venosa profonda ed embolia polmonare talora anche mortale.
  • Sindrome da rivascolarizzazione con edema persistente (gonfiore) dell’arto in genere reversibile. 
 

Durante l’intervento si potrebbe rendere necessario e non rinviabile il trattamento di altre patologie concomitanti il cui riscontro può verificarsi anche al momento dell’esecuzione dello stesso (ad esempio nella chirurgia aorto-iliaca per neoplasie del tratto gastrointestinale, urogenitale, calcolosi della colecisti, ernie, stenosi di arterie viscerali); inoltre durante l’intervento possono verificarsi situazioni che possono condurre a variazioni della tecnica operatoria proposta o che possono spingere a soprassedere all’intervento stesso per il riscontro di quadri lesionali che controindicano una rivascolarizzazione (ad esempio una grave calcinosi circonferenziale dell’arteria con conseguente rischio di rottura al clampaggio, e impossibilità all’esecuzione della sutura)
 
Le complicanze tardive comprendono:

 
  • Laparocele (ernia sulla cicatrice chirurgica) che può necessitare di intervento chirurgico.
  • Trombosi dell’arteria o della protesi con improvviso arresto del flusso sanguigno a valle che può avere luogo nell’immediato post operatorio o a distanza di tempo (anche anni) e per la quale in assenza di una rivascolarizzazione può rendersi necessaria anche l’amputazione.
  • Infezione protesica (evento che si verifica con maggior frequenza in presenza di lesioni trofiche preesistenti all’intervento); tale evento è particolarmente grave specie nel distretto aorto/iliaco; si può manifestare a distanza di anni e può essere legato a infezioni anche banali contratte successivamente rispetto all’intervento chirurgico, quali talune dell’apparato respiratorio, urinario, o del cavo orale o successivi interventi chirurgici sull’addome e che comporta l’ulteriore sostituzione della protesi con altro materiale sintetico analogo o, ad esempio, con tessuti autologhi (vene) o mediante bypass extraanatomici. Talvolta possono manifestarsi delle fistole ovvero comunicazioni tra protesi e strutture circostanti (duodeno, vena cava...) quadri normalmente legati ad infezione.
  • Pseudoaneurismi ovvero dilatazioni del vaso arterioso dell’aorta a livello delle anastomosi vascolari eseguite per l’impianto della protesi. In tali situazioni può essere necessaria la sostituzione di parte o di tutta la protesi precedentemente impiantata con altro materiale sintetico analogo o con tessuti autologhi (vene). 
 

Dopo l’intervento é fondamentale che Lei segua la terapia consigliata, che non è rappresentata solo dall’utilizzo dei farmaci prescritti ma anche da un adeguato stile di vita tenendo presente del possibile interessamento di tutti i distretti vascolari da parte della patologia aterosclerotica. È opportuno inoltre che Lei si sottoponga a periodici controlli secondo modalità e frequenza indicata dallo specialista.
Dopo l’intervento Lei può condurre una vita normale sia lavorativa sia di relazioni sociali; sarà necessario utilizzare (solamente nella chirurgica aorto-iliaca)  per un paio di mesi una ventriera evitando sforzi eccessivi riprendendo poi in maniera graduale la propria attività fisica compatibilmente con l’età e le eventuali malattie associate.

 

ALTERNATIVE TERAPEUTICHE

 

Il trattamento di tipo endovascolare è una tecnica mininvasiva che consiste nella dilatazione o “angioplastica” del segmento di arteria stenotico o occluso con un catetere a palloncino che viene introdotto attraverso la puntura della cute (generalmente a livello dell’inguine) in anestesia locale, senza quindi l’incisione chirurgica della cute. La procedura può essere completata dal posizionamento di uno stent ( una specie di cilindro metallico elastico autoespandibile, che ha lo scopo di schiacciare e “fissare” a parete la placca che determina il restringimento) allo scopo di mantenere aperta l’arteria e di permettere così un miglior flusso a valle.
Purtroppo non sempre è possibile utilizzare tali tecniche a ridotta invasività ed in molti casi l’intervento chirurgico rappresenta l’unica opzione possibile o quella più sicura. Se infatti in molti distretti arteriosi le tecniche endovascolari raggiungono risultati clinici sovrapponibile a quelli chirurgico con il vantaggio di una ridotta invasività, in altri il trattamento chirurgico tradizionale mentiene una superiorità di risultati. Il chirurgo vascolare a seconda del tipo e dell’estensione delle lesioni arteriose e del quadro clinico generale del paziente sceglie l’opzione terapeutica più indicata; il trattamento chirurgico e quello endovascolare quindi non vanno visti come tecniche alternative una all’altra ma rappresentano opzioni terapeutiche diverse che vengono ritagliate sul singolo paziente e che talora si possono integrare nei cosiddetti interventi “ibridi”.

 

MANCATA SOTTOPOSIZIONE ALL’INTERVENTO

 

La mancata esecuzione dell’intervento laddove indicato comporta oltre al perdurare della sintomatologia clinica e delle eventuali lesioni trofiche presenti alle estremità anche il rischio di una evoluzione peggiorativa della arteriopatia ostruttiva degli arti inferiori che può portare nei casi più gravi all’amputazione dell’arto.

 

TEMPI DI RECUPERO

 

Al termine dell’intervento è possibile che Lei venga trasferito in Terapia Intensiva per il monitoraggio dei parametri vitali per le prime 24h. In assenza di complicanze le dimissione dal reparto avviene in tempi variabili tra i 4 ed i 10 giorni (a seconda del tipo di intervento). Dopo l’intervento é fondamentale che Lei segua la terapia consigliata, che non è rappresentata solo dall’utilizzo dei farmaci prescritti ma anche da un adeguato stile di vita tenendo presente del possibile interessamento di tutti i distretti vascolari da parte della patologia aterosclerotica. È opportuno inoltre che Lei si sottoponga a periodici controlli secondo modalità e frequenza indicata dallo specialista. Dopo l’intervento Lei può condurre una vita normale sia lavorativa sia di relazioni sociali; in caso di intervento a livello del distretto aorto-iliaco, che prevede un’incisione chirurgica addominale, sarà necessario utilizzare per un paio di mesi una ventriera (pancera) evitando sforzi eccessivi riprendendo poi in maniera graduale la propria attività fisica compatibilmente con l’età e le eventuali malattie associate.